LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel processo n. 2361/01 a
carico  di  Proietti Paolo appellante avverso la sentenza di condanna
emessa  dal  G.u.p. c/o il Tribunale di Roma dell'8 febbraio 2001 per
il reato ex ordinanza n. 453 e 455 c.p. commesso il 7 febbraio 2005.
    Rilevato  che,  ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e
161,  secondo  comma,  c.p., cosi' come modificati dalla legge n. 251
del  2005,  il  reato  risulterebbe  prescritto  de plano, mentre, in
virtu'  dell'art. 10,  comma  3  della  stessa  legge, applicabile al
procedimento  de  quo,  in  quanto  pendente  in appello alla data di
entrata  in  vigore della legge, il termine di prescrizione non si e'
ancora  compiuto,  dovendosi applicare la pregressa normativa, giusto
il richiamo ad essa fatto dal comma sopra menzionato;
    Ritenuta,   pertanto,   la  questione  rilevante  ai  fini  della
decisione  in quanto, nel caso di applicazione della nuova disciplina
al  processo  de quo, deriverebbe la pronuncia di una sentenza di non
doversi  procedere  per  prescrizione,  pronuncia  che,  invece, alla
stregua della disciplina originaria l'imputato non potrebbe;
    Ritenuta,   altresi',   la   non   manifesta  infondatezza  della
questione, poiche' la scelta di non rendere applicabile la disciplina
della  legge  n. 251 del 2005 ai procedimenti pendenti in appello non
appare  sorretta  da giustificazioni di ordine logico e giuridico ne'
ispirata  a  finalita'  tali  da  giustificare il diverso trattamento
riservato a categorie di cittadini.
    Rilevato  che,  la  stessa  Corte  costituzionale con la sentenza
n. 393  del  2006 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della
normativa  limitatamente  alle parole: «dei processi gia' pendenti in
primo   grado   ove  vi  sia  stata  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento,  nonche»,  ritenendo  non  ragionevole  la  scelta  del
Legislatore di non applicare la disciplina ai processi di primo grado
gia' in corso, alla data di entrata in vigore della normativa; che la
Corte  costituzionale,  dopo  aver  rilevato che anche le norme sulla
prescrizione costituiscono legge piu' favorevole, ha statuito che «lo
scrutinio  di  costituzionalita'  ex  art. 3  Cost.,  sulla scelta di
derogare  alla  retroattivita' di una norma penale piu' favorevole al
reo  deve  superare un vaglio positivo di ragionevolezza», in quanto,
sebbene  il  principio  della retroattivita' della lex mitior non sia
costituzionalmente garantito, tuttavia lo stesso e' sancito sia dalla
normativa interna (art. 2 c.p.), per la quale la retroattivita' della
legge  piu'  favorevole  e' la regola (salvo il giudicato), sia dalle
norme  internazionali  (Patto  di  New  York)  e europee (Trattato di
Amsterdam  e  decisioni  della  Corte  di  giustizia  delle Comunita'
europee e Carta dei diritti di Nizza);
    Ritenuto  che  non  risulta  ragionevole  non  applicare la nuova
disciplina  della  prescrizione  ai processi gia' pendenti in appello
non essendo indicata la pendenza in appello tra gli atti interruttivi
della  prescrizione,  dipendendo la pendenza stessa dalla data in cui
il  processo  perviene presso il giudice ad quem, data che dipende da
una  pluralita' di fattori esterni (gli incombenti di cancelleria per
la   trasmissione   del  fascicolo)  e  non  da  attivita'  puramente
giurisdizionale,  connotandosi  il  fatto  da  giudicare nel processo
d'appello,  proprio  per  l'ulteriore  decorso del termine rispetto a
quello  di  primo  grado,  di minore allarme sociale, da una parte, e
rendendo piu' difficile l'esercizio del diritto di difesa;